Descrizione
I bagni arabi di Cefalà Diana, ovvero le terme di di Kif Allah, sono una struttura risalente ai tempi del medioevo siciliano. Non è molto chiaro il periodo in cui sono state costruite, in una landa quasi desertica nel centro della Sicilia, dove probabilmente preesisteva un complesso termale di origine romana.
Siamo a Cefalà Diana, nel cuore della Sicilia, nella remota provincia di Palermo, dove addossati alle falde del monte Chiaramonte, esistono ancora oggi degli antichi bagni termali, un bene di immenso valore storico in quanto testimonianza certa del passaggio degli arabi anche in quella parte della Sicilia.
Alcune delle mura inglobate nella struttura risalgono all’epoca romana, le colonne sono invece di epoca araba e una fascia perimetrale riporta una iscrizione cufica di epoca normanna. Rimane il mistero del silenzio del geografo arabo Al-Idrisi che non menziona la struttura nell’elenco dei bagni termali nel suo libro su Ruggero e una ipotesi è che l’edificio sia stato costruito solo nel tardo periodo della dominazione normanna.
Le antiche terme, specialmente nella parte interna, mostrano chiaramente la mano di maestranze arabe e dell’innovazione dell’ingegneria musulmana che, con mezzi impensabili per quei tempi, riuscì ad alimentare i bagni con acque sulfuree a 38 gradi, che a quei tempi erano ritenuti salutari per i dolori alle ossa e per altri disturbi fisici.
La costruzione è quasi mimetizzata nella campagna circostante e si presenta esternamente con le sembianze di una qualsiasi masseria. La forma è semplice, rettangolare, e le mura esterne sono realizzate con pietrame di varia pezzatura sistemata ad opus incertum mantenuta insieme con malta piuttosto magra. Su tre lati della struttura campeggia una fascia con un’iscrizione in caratteri cufici, decorata da elementi decorativi floreali, tipici dell’antico gusto arabo. Oggi tali fregi sono appena visibili, chiaramente segnati da un migliaio di anni di storia. Non si sa bene cosa ci sia scritto, ma si presuppone possa essere un messaggio augurale, come ve ne sono in altri antichi edifici sparsi per la Sicilia e che ancora attendono di essere svelati.
L’interno si mostra sorprendente: la struttura è interamente rivolta verso l’alto, con archi a sesto acuto che reggono la volta a botte, opportunamente traforata per consentire l’areazione della camera e per “climatizzare” l’ambiente, influenzato dalla caloria dell’acqua. La volta spiove a 7 metri d’altezza ed è eseguita con piccoli conci di arenaria che si appoggiano sulle robuste pareti laterali. Viene sorretta da una costruzione trasversale trilobata con esili colonne che formano archi a sesto acuto in terracotta. In questo modo, la sala viene divisa in due parti asimmetriche dove sono ricavate le vasche per i bagni termali: una parte suddivisa in tre vasche, dove si raccoglievano le acque calde ed un altra più piccola per l’acqua fredda. Lungo le pareti vi sono una serie di nicchie, probabilmente utilizzate per riporvi vestiti ed effetti personali prima di immergersi nelle accoglienti vasche.
Le acque termali ricche di proprietà curative dovevano sgorgare a circa 38 gradi dalle montagne circostanti e la mirabile capacità ingegneristica araba, già nota per il sistema idrico dei Qanat di Palermo, la seppero incanalare all’interno del complesso.
Oggi il fiume che alimentava i bagni ha ripreso il suo corso e la struttura è rimasta all’asciutto, con i suoi archi ancora eretti e le sue vasche corrose dal tempo, ma se l’interno è ancora discretamente conservato e mantiene inalterato tutto il suo fascino.